Innovazione digitale nelle PMI

La competizione globale nel XXI secolo porta il segno distintivo della digitalizzazione dei sistemi economici nazionali ed internazionali.
I grandi colossi del web e le piattaforme digitali riescono a dominare i mercati grazie a posizioni monopolistiche e grazie ai propri continui investimenti in ricerca e sviluppo.
Le piccole e medie imprese, che possono contare in scala su dimensioni e fatturati molto più contenuti, si trovano quindi di fronte ad una sfida particolarmente ardua nel contrastare “l’invasione” sempre più aggressiva dei giganti della nuova Era economica.
Si tratta di una strada obbligata se non si vuole correre il rischio sempre più concreto – anzi, la certezza – di uscire presto dai mercati in cui si sta operando.

Il lockdown imposto per fronteggiare la crisi da Covid-19 ha provato ulteriormente che la digitalizzazione delle proprie attività d’impresa costituisce uno dei fattori chiave del nuovo mondo, tanto che le grandi corporation specializzate nel settore hanno visto crescere profitti e valore delle proprie azioni, mentre molte piccole e medie imprese che non avevano avviato processi di digitalizzazione sono rimaste ulteriormente indietro.

Come apprendiamo dal Sole 24 Ore, il Piano Industria 4.0 presentato nel 2016 e rinnovato poi anche nella Legge di Bilancio 2019 ha aiutato ad esempio le grandi aziende italiane ad investire nella trasformazione digitale ma le pmi non sono riuscite a cavalcare l’onda, probabilmente proprio perché le ridotte dimensioni non consentono di sostenere facilmente nuovi costi ed intraprendere nuovi progetti, probabilmente perché la governance generalmente familistica e tradizionale tipica di queste aziende non è culturalmente propensa a innovazioni di questo genere o probabilmente perché, in fin dei conti, l’onda del Piano Industria 4.0 non era poi così alta come doveva essere per trasformare davvero l’economia del Paese.

Ricordiamo che l’economia locale deve fare i conti con giganti del calibro di Amazon, ossia oligopolisti in grado di fissare prezzi e condizionare persino la domanda proveniente dai mercati grazie anche alla gestione dei dati che apprende dagli utenti. C’è bisogno quindi di sostenere certamente in misura maggiore di quanto non sia stato fatto finora processi di riconversione digitale del tessuto produttivo italiano, per riuscire nel lungo periodo a ridurre i costi aziendali, aumentare l’automazione dei processi e migliorare la relazione con i clienti. Le pmi che non l’hanno ancora fatto, dal canto loro, devono compiere un grande passo sempre più indispensabile nell’economia del XXI secolo e “pensare digitale”.

Accanto ai grandi colossi, l’economia nazionale viene mossa da un gran numero di PMI cioè Piccole e Medie Imprese che fanno sentire il loro peso sul PIL di un’intera nazione e danno lavoro a migliaia di persone.
L’evolversi del mercato e soprattutto delle abitudini dei consumatori hanno sancito il bisogno dell’evolversi delle modalità produttive e di vendita di tutte le PMI spingendole sempre più verso una innovazione digitale per la quale non tutte le aziende sono effettivamente pronte.

Le aziende che vogliono avere successo e primeggiare nella loro fetta di mercato non possono fare a meno di seguire l’andamente delle nuove tecnologie ed adeguare il proprio lavoro a un business sempre più esigente.
Come vedremo di seguito solo una piccola percentuale di PMI sono state in grado di restare al passo con i tempi e quindi, perchè questo percorso venga intrapreso da tutte le aziende occorrono maggiori investimenti tecnologici e nelle risorse umane.

Gli ostacoli alla digitalizzazione

Secondo gli studi effettuati dall’Osservatorio dell’Innovazione Digitale del Politecnico di Milano 9 imprenditori su 10 si di cono convinti che l’innovazione digitale sia effettivamente indispensabile, ma poi nella realtà ci sono molte aziende che non sono effettivamente pronte alla sfida.
Gli imprenditori italiani sembrano essere molto conservatori e poco inclini al cambiamento, è questo che più di ogni altra cosa blocca il processo.
Quello che accomuna i consigli di amministrazione delle PMI è l’essere restii a stanziare dei fondi che possano essere investiti per l’innovazione tecnologia, come se fosse una spesa secondaria che viene rimandata di anno in anno.
Su tutto questo influisce il non sapere che il Governo annualmente mette a disposizione una serie di incentivi per tutte quelle aziende che puntano verso la l’innovazione PMI.

Le figure professionali

Come detto in precedenza la digitalizzazione delle PMI non passa solo attraverso lo stanziamento e l’utilizzo delle risorse economiche, bensì ha bisogno di figure, di persone che siano in grado di guidare l’azienda in tutto il percorso da seguire per avere successo nel campo digitale.
Si parla della figura dell’Innovation Manager, persona che riesce a mantenere un’informazione costante su come stiano andando l’economia
e come l’azienda debba gestire il suo potenziale per avere successo e restare sempre un passo avanti rispetto i suoi diretti concorrenti.
Infine gli esperti informatici, soprattutto l’eCommerce Manager che vigila sulla sicurezza in rete e riesce a gestire quello che è il nuovo modo di vendere i proprio prodotti.
Non è più immaginabile pensare di riuscire a tenere il proprio prodotto sul mercato affidandosi solo a quelli che sono i negozi fisici. Gran parte degli acquisti, anche per quel che riguarda i beni di prima necessità sono fatti tramite i siti internet di e-commerce e un’azienda che vuole avere successo e veder incrementato il volume di vendite non può esimersi dall’avere il proprio shop digitale.

Dove cercare le risorse

Arrivati a questo punto vi starete chiedendo se le risorse che possano aiutare bel processo di innovazione PMI sono da ricercare all’esterno dell’azienda o al proprio interno.
Come si è ben potuto capire esiste un frazionamento del lavoro, che richiede l’impiego di un certo numero di persone destinate ad occuparsi solo ed esclusivamente della parte digitale del lavoro. Occorre dunque un know how specifico che richiede una preparazione notevole.
Inoltre occorre specificare che il denaro impiegato dalle aziende per i corsi di formazione al momento risultano essere ancora quantomento di scarsa entità.
Optare per l’outsourcing è in genere la scelta migliore in quanto risulta sempre difficile far acquisire conoscenze ad hoc a del personale la cui funzione è diversa da quella che gli si vuole affidare in una visione nuova del lavoro aziendale.

Senza considerare che il costo per la formazione può essere talmente rilevante che risulta essere più conveniente portare le conoscenze dall’esterno, con l’inserimento di persone che hanno strutturato la propria carriera specializzandosi nella digitalizzazione.