Cannabis legale in Italia cosa dice la legge

Ultimamente si fa un gran parlare di legalizzazione della cannabis. Innegabile è che, all’interno del paese, ci sia una certa divisione sull’argomento, fra quanti si dichiarano completamente pro alla legalizzazione e chi invece si dichiara contro.
A prescindere da quelle che saranno le prospettive future su un’eventuale disegno di legge volto a legalizzare la cannabis è importante conoscere la disciplina vigente per approcciarsi a questo mondo con consapevolezza ed evitare di incorrere in sanzioni penali.
Andiamo a vedere quindi cosa prescrive la legge in materia di cannabis light.

Cannabis light e differenze con le altre varietà di cannabis

Prima di analizzare la normativa attualmente in vigore sulla cannabis bisogna, per comprendere di cosa stiamo parlando, capire cos’è di preciso la cannabis light e quali sono le sue caratteristiche che la distinguono dalle altre varietà di cannabis.

La cannabis, derivato della capana, è innanzitutto una sostanza con proprietà psicotrope, in grado di alterare temporaneamente la psiche del soggetto provocando delle alterazioni nell’umore, nei livelli di energia e nel flusso di pensiero.

L’effetto psicotropo della cannabis dipende però da un componente ben preciso, da cui dipendono gli effetti ricreativi della sostanza: il THC. Questo non va confuso con il CBD, che invece determina effetti rilassanti, ansiolitici ed è utilizzato in medicina per il trattamento dei dolori e dell’insonnia.

Dal rapporto fra queste due componenti dipendono quindi, come si può facilmente intuire, gli effetti della sostanza. Le varietà con un contenuto di THC più elevato risultano più forti da un punto di vista psicotropo, quelle con un livello di CBD più elevato invece risultano più rilassanti e meno psicotrope.

Cannabis light: cosa prescrive la normativa?

Fatte queste distinzioni, siamo pronti per capire in cosa consiste, di preciso, la cannabis legale e quali sono le differenze con le tipologie che ricadono invece sotto la scure della legge penale.

La cannabis light, attualmente legale, presenta infatti un bassissimo contenuto di THC, compreso fra il 0,2% e lo 0,5%. Il che in pratica significa che la sostanza non sballa per nulla ma piuttosto si limita ad indurre in uno stato di rilassamento, con proprietà ansiolitiche o calmanti.
La cannabis light è l’unica varietà legale. Quindi, tutte le varietà che superano i limiti di THC fissati dalle legge, sono da considerarsi illegali.

Questo significa che laddove veniste fermati dalla polizia con della cannabis addosso e dalle successive analisi di laboratorio dovesse risultare che la percentuale di THC è sotto i limiti massimi fissati dalla legge, non si configurerebbe nessun reato e non sareste assolutamente chiamati a rispondere in sede penale.

Dal punto di vista del venditore invece, la legge prescrive che il commerciante, laddove riesca a dimostrare, documenti alla mano, la provenienza lecita delle infiorescenze, non è punibile.

La differenza, in breve, sta tutta nella % di THC presente nel prodotto. Se questa si tiene sotto i limiti massimi fissati dalla legge, allora non si configura nessun reato, se invece supera i limiti fissati dalla normativa di riferimento allora si ricade nell’ambito del penalmente rilevante.

La coltivabilità della cannabis light

Chiariti quindi i profili di legalità del consumo di cannabis light, passiamo adesso ad analizzare un’altra spinosa questione: la possibilità di coltivare o detenere semi di cannabis. In questo caso, ancora una volta, la logica è quella di guardare alla % di THC presente all’interno della sostanza. Infatti la detenzione di semi o di piante prive di principio attivo non configura reato ed è possibile coltivare cannabis sativa con % di THC compresa fra il limite minimo e massimo dello 0,2% e dello 0,5%.

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